venerdì 13 novembre 2009

Attorno alla moda.

Moda. Secondo wikipedia questo termine “indica uno o più comportamenti collettivi con criteri mutevoli”. Nel corso dei secoli il vocabolo ha assunto diversi significati, oggi ne parliamo spesso riferendoci al modo di abbigliarsi, si dice infatti “vestirsi alla moda” o “seguire la moda”.
Nel passato l’abbigliamento era una necessità: serviva a nascondere la propria nudità, ripararsi dalla temperatura esterna, indicare una funzione sociale.
Oggi, almeno nei paesi più fortunati, seguire la moda è diventato un mero tentativo di distinguersi utilizzando un costume.
In realtà si tratta di un meccanismo che ci uniforma agli altri, secondo linee proposte da artisti creativi e imprenditori voraci, che mette in moto un flusso di soldi, che dalle tasche di molti, vanno ad accumularsi nelle tasche di pochi.
Ciò che mi lascia perplesso è che gran parte di questa enorme macchina economica non si ispira a scelte razionali, per il raggiungimento di un’utilità, ma fa leva prevalentemente sugli aspetti emotivi, istintivi e irrazionali della nostra psiche. Perciò ci capita di acquistare l’abito di un famoso stilista perché ci abbaglia con l’illusione di aver migliorato il nostro status sociale, o per vanità, o per attrarre l’altro sesso, o semplicemente perché la pubblicità martellante ci fa acquistare un prodotto che in realtà non vogliamo.
Il mio amico/collega Alberto, un acuto osservatore del mondo che riesce sempre a vedere oltre ciò che appare, definisce questo complesso sistema che gira attorno alla moda “un gioco di prestigio”: «Fanno produrre per pochi spiccioli i loro prodotti ai più poveri del mondo e la gente li ricompra qui a prezzi esorbitanti. E tutti sono contenti»
In effetti ho controllato diverse etichette nei negozi (naturalmente acquisto poco o acquisto in saldo perché la mia vanità si scontra con una natura spilorcia) e ho constatato che anche insospettabili marchi europei e americani dietro l’etichetta riportano “made in P.R.C.” o in altre amene località!
Non si può però addossare tutta la colpa alle case di moda, in fondo è chi acquista che permette tutto ciò: «l’aberrazione più grande – continua Alberto - è che nessuno ti obbliga: ti è stato fatto un lavaggio del cervello che ti costringe a comprare una cosa che non ti serve»
e conclude con un’espressione colorita: «Ti autoinculi e sei contento di farlo!»
Un approccio razionale all’acquisto di un capo di abbigliamento presuppone una preventiva valutazione della qualità del tessuto, delle finiture e del disegno. È innegabile però che a molti è capitato di scambiare una quantità sproporzionata del proprio denaro valutando solo il nome dello stilista o del marchio.
Guardandomi attorno ho la sensazione che le case di moda lancino modelli dal disegno sempre più particolare proprio con l’obiettivo di creare delle mode passeggere e indurre il consumatore a sopportare continui acquisti ad ogni cambio di stagione. In questo periodo, solo per fare un esempio, in Italia vanno di moda pantaloni da donna stile polizia motorizzata, caratterizzati da un eccesso di stoffa nei glutei e nelle cosce. Mica sarà normale?! Dovessero mettersi un mega pannolone potrei anche capirlo, mi sbaglierò, ma così appare come la spudorata creazione di una moda che non può durare più di qualche mese. E posso assicurare che non costa pochi spiccioli. Pura vanità.
Se consideriamo l’ammontare globale di acquisti irrazionali di questo tipo che molti fanno durante un anno, le cifre risultanti potrebbero lasciarci increduli. Inoltre bisogna tener conto che il denaro, normalmente, proviene dal proprio lavoro. Ci pensiamo a quante ore di lavoro ci vogliono per mantenere il proprio guardaroba al passo con la moda? Dunque, un lavoratore medio potrebbe finire con il dedicare giorni di vita al solo scopo di ottenere qualche capo firmato, pur sapendo che potrebbe lavorare molto meno e fare in quelle ore le cose che rendono la vita degna di essere vissuta.
Ricordo un bel paragrafo del libro Io uccido in cui Giorgio Faletti descrive le persone davanti alle vetrine illuminate di Montecarlo: alcune si chiedono come trovare il tempo per acquistare, le altre come trovare i soldi… quante energie sprecate per un bisogno indotto!


In fin dei conti però la moda ci fa sognare, le scarpe di marca ci fanno sentire bene, forse ci rendono più belli, forse più desiderabili. La storia ci insegna che un tempo il grasso era bello, perché significava ricchezza, le cicatrici sul volto erano attraenti perché significava essere un valoroso guerriero. Oggi dimostrare di poter buttare i propri soldi è bello perché ci fa apparire ricchi e sfrontati…
… ha ragione Alberto, ci autoinculiamo e siamo contenti di farlo…
…con tanti ringraziamenti di chi ci guadagna!