Nel 2008 il mondo della finanza è crollato come un castello di carte. È stata la miccia per l’esplosione di una catena di eventi che stanno mettendo in ginocchio un’economia già sull’orlo del precipizio. Sarebbe scorretto e fuorviante considerare i tumulti finanziari la causa unica dell’attuale situazione economica. Più realistico è considerarli uno dei punti di debolezza di un sistema arrivato, probabilmente, al punto di saturazione, di un modo di agire insostenibile che necessariamente chiede di essere rivisto.
Vorrei dimenticare illustri teorie e approfonditi studi economici per ricordare che tutto parte dall’agire umano: esseri umani reali, tangibili, con braccia e gambe, che possono scegliere come utilizzare gli strumenti a disposizione. Uomini che hanno scelto di compiere azioni nell’ambiente finanziario per soddisfare la propria e l’altrui avidità.
AVIDITA’, credo sia questo che ha reso la finanza un punto debole del sistema. Immaginavo il dopo - crisi finanziaria come una serie di “mea culpa” riecheggianti lungo Wall Street, trasformata in una valle di lacrime versate da chi ha sbagliato. Mi stupisce che non sia così.
Alimentano il mio stupore alcune righe del giornalista Federico Rampini che riporto (con qualche taglio, non me ne voglia l’autore!) sperando almeno che, se così deve continuare, non si faccia il bis!
«Per festeggiare l’anniversario del crac che fece tremare il mondo, la top manager della banca Wells Fargo, Cheronda Guyton, ha avuto un’idea originale. Nel settembre 2009 ha organizzato un party sontuoso in una villa di Malibu (California) da 12 milioni di dollari. […] Nello stesso periodo Robert Benmosche, il nuovo a.d. del colosso assicurativo AIG, il cui salvataggio pubblico è costato al contribuente americano oltre 182 miliardi di dollari, si è assegnato da solo uno stipendio da 7 milioni l’anno: tredici volte quello del presidente degli Stati Uniti. Un anno dopo la bancarotta della Lehman Brothers, i padroni della finanza sono tornati a colpire. Impuniti e arroganti come prima. […] Mentre le banche centrali e i governi tentavano ogni manovra d’emergenza per rianimare il capitalismo, fu detto: il mondo non sarà mai più come prima. […] Certo, la Grande Recessione ha lasciato ferite profonde nel tessuto sociale […] ma è proprio nell’epicentro originario della crisi, il mondo della finanza, che la spinta al cambiamento si è già esaurita. […] La velocità con cui Wall Street è tornata a praticare i vecchi vizi è sconcertante […] per chi è rimasto al suo posto il Bengodi ricomincia. Passata la grande paura, già nel primo semestre del 2009 le cinque maggiori banche di Wall Street hanno riservato 61 miliardi di dollari per le gratifiche ai propri manager e trader. È un po’ meno che nel 2007 […] ma oggi il bottino si spartisce tra un numero minore di banchieri. Individualmente, tornano a guadagnare ancora più dei livelli pre-crisi. […] è tornata anche la febbre della speculazione, […] nel casinò della finanza sono ricominciate le puntate spericolate, i giochi d’azzardo.»
[Tratto da Federico Rampini, Slow Economy, Mondadori, 2009, pp 171 – 173.]
Riprendendo un precedente post… meglio non sapere!