Ho trovato in bagno il Vanity Fair di mia moglie del 6 ottobre e mi è capitato di leggere “La dura giornata di una donna: 27 ore. Anzi, di più” in cui Daria Bignardi ripropone la stra-collaudata tesi della donna forzatamente iperattiva perché costretta ad accavallare attività familiari e professionali, ad accollarsi ogni responsabilità e, sola, farsi carico di qualsiasi impegno. Una donna costretta a lavorare fino allo sfinimento zavorrata di marito e figli, incagliata in una famiglia che ruota completamente attorno al suo lavoro, con l’unica speranza, spesso vana, di una vecchiaia serena. Si parla di mancanza di responsabilizzazione della società e specialmente dei maschi nei confronti delle donne.
Ecco il commento inviato al blog di Daria Bignardi, con alcune personali considerazioni:
"Troppo facile continuare a generalizzare in questo modo ripetendo un disco ormai vecchio. La società, seppur lentamente, sta già cambiando, possibile che nessuno se ne accorga? Possibile che non se ne accorga neanche Daria Bignardi? Chi fa informazione ha il potere di condizionare l’umore e l’opinione di chi legge e, forse, accelerare processi virtuosi le cui radici sono già insite in molti e latenti in molti altri. Eppure si continua a calcare la mano sui risultati delle indagini che presentano condizioni negative.
In questo caso si rischia che chi legge sia portato a credere che la situazione descritta, seppur spiacevole, sia la normalità e che cambiare sia un’impresa impossibile. Sono certo che si possa migliorare cominciando a scrivere di ciò che dovrebbe essere e non di ciò che è brutto e sbagliato, cominciando a proporre modelli positivi, che magari potrebbero anche diventare di moda! A lei, e agli altri giornalisti che perseverano nel contrapporre tale penosa condizione della donna moderna alla completa inutilità del maschio, vorrei quindi proporre di cominciare ad osservare la parte buona delle statistiche, quella ignorata da chi si rifugia nella confortante sicurezza della maggioranza e della generalizzazione.
Esiste qualche uomo che crede nella condivisione degli oneri familiari. Esiste qualche donna che è certa di condividere con chi le è accanto la faticosa compresenza di lavoro e famiglia.
Sono d’accordo, gran parte degli oneri domestici fanno ancora capo alle donne, ma è anche vero che molti uomini si impegnano affinché non sia più così. Perché non parlare di questo nelle riviste femminili? Di sicuro “la mamma è sempre la mamma” e niente potrà sostituirla, di sicuro la donna è più attenta a molti aspetti della vita domestica, di sicuro la donna sa che deve avere un impiego professionale, per realizzazione personale e perché una famiglia media ha bisogno di due stipendi per campare. Ma non sempre serve che la sua giornata duri più di 27 ore!
Ci sono donne che hanno avuto la possibilità di poter lavorare per un periodo sufficientemente lungo a tempo parziale, seppur accettando di dimezzare il proprio stipendio. Possono così dedicare il giusto tempo ai figli.
Ci sono uomini che hanno avuto la possibilità di scegliere di lavorare a turno, seppur rinunciando, temporaneamente, alla carriera professionale. Possono così dedicare più tempo alla casa e alla famiglia.
Questi uomini si alzano alle 7 di mattina, preparano i figli, rifanno i letti, restituiscono all’appartamento un aspetto accettabile, caricano la lavastoviglie. Alle 8.30 portano i figli a scuola e all’asilo, ma solo d'inverno, perchè d'estate sono a casa. A volte arrotondano con qualche lavoretto, perché sennò a fine mese, senza i due stipendi pieni, non si arriva, tornano a casa a mezzogiorno, svuotano la lavastoviglie, preparano il pranzo, pranzano in 10 minuti con la moglie che è tornata dal suo lavoro part-time, si fanno la doccia e vanno a lavorare, fino alle 22. A mezzanotte si addormentano, pensando a come organizzare la mattina del giorno dopo.
Il collega che ha fatto il turno del mattino, e che è fuori casa dalle 5, arriva a casa alle 15, va a prendere il figlio all’asilo, lo porta in piscina, gioca con lui, prepara la cena, carica la lavatrice e rassetta la casa aspettando che la moglie torni dal lavoro. Dopo cena crolla sul divano e si addormenta.
Questi uomini sono contenti quando ci sono i giorni di riposo, perché possono fare gli onnipresenti lavoretti di manutenzione alla casa, possono giocare con i figli, coccolare la moglie e divertirsi con gli amici. Sono in molti a fare una vita simile alla loro. Sono uomini contenti di quello che fanno, perché sono partecipi della vita della famiglia che hanno creato.
MA poi leggono la rubrica di pagina 28! E scoprono che secondo la realtà dei giornalisti tutto continua a girare esclusivamente attorno al lavoro delle donne, come negli anni in cui si facevano i primi esperimenti di lavoro femminile fuori casa. Allora immaginano che i giornalisti non sappiano ancora che tante donne hanno già trovato l’uomo del futuro! Fanno tanto, forse troppo, ma almeno non sono più sole nella loro dura giornata.
Se vogliamo cominciare a cambiare vecchie mentalità bisognerebbe smettere di scrivere continuamente di condizioni penose e iniziare a raccontare che esistono anche realtà diverse. Probabilmente chi è rimasto indietro seguirà l’esempio.
Per quanto riguarda la società nel suo complesso ne parliamo la prossima volta, adesso devo andare a giocare con le mie figlie, sperando che per loro il futuro non sia come quello descritto nella rubrica."
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