Blocco di libero fluire del pensiero:
Interruppero la trasmissione del “Carosello” in tivù e nacqui io, in un
punto tra le Alpi e il Po. Stava per arrivare John Travolta con “La febbre del
sabato sera” ed Elvis Presley faceva il suo ultimo concerto. Intanto in Italia
si cantavano le parole di Mina, anche se in casa mia c’era il disco degli Abba.
Gli uomini portavano i baffi, indossavano il maglioncino di lana con il collo
alto d’inverno e la camicia aperta col pelo di fuori d’estate. Già a quel tempo
si parlava del movimento anti-nucleare, ma le parole più ricorrenti erano
“austerità”, “corruzione, “attentato”, “gambizzazione”,“aborto”. Da allora di
cose ne son cambiate parecchie, non si parla più di gambizzazione ma di
“globalizzazione” e l’aborto è ormai una scelta. Gli attentati però ci sono
ancora, anche se gli autori sono diversi per provenienza e cultura, la
corruzione c’è come allora, anche se ha sfumature diverse, dell’austerità per
un po’ è sembrato che ci si potesse dimenticare e invece è tornata, forse
peggio di prima. Usi e costumi d’Italia, che resistono alle mode. Allora non
sapevo niente del mondo, ora ne so qualcosa in più, anche se mi è rimasto lo
stesso modo di osservare, come se ci fosse sempre qualcosa da scoprire, magari
nascosto dietro a cose che si conoscono bene. Mi accorgo di questa stranezza
quando mi scopro più attratto dai movimenti del pubblico sfocato alle spalle
che dall’oratore in primo piano, o ricordo dettagli che i più non considerano
neppure. A volte ho la sensazione che il presente sia più semplice del passato
e che il futuro mi riservi qualcosa di speciale. Ho tanti sogni, alcune
certezze e zero pretese. Tifo per il rispetto, per le persone e per l’ambiente,
e condanno la prepotenza. Mi vesto, d’inverno, con i jeans stretti di gamba, la
camicia ordinata e un maglioncino scollo a V, d’estate preferisco le polo alle
camicie, ma i jeans sono gli stessi. I capelli se ne sono andati precocemente
ma, ironia della sorte, la barba, se la lascio fare, cresce folta e in fretta.
C’ho il piede destro che, se non sto attento, butta di fuori, probabile
conseguenza di ore e ore passate, mio malgrado, con la punta
sull’acceleratore e il tacco di sbieco. Per fortuna c’è la radio nell’auto:
ascoltavo Rtl, poi son passato a Radio DeeJay, ora tendo a torturarmi con
Radio24. A volte rispolvero il passato cercando nella mia collezione adolescente
i Cd dei Metallica. Gli studi, un lavoro, una casetta, una famiglia ampia e
unita, tutto fatto con un personalizzatissimo ordine a schema scomposto e la
tendenza a sovrapporre tempi e priorità. Mi risulta più semplice scrivere che
parlare, più leggere che ascoltare. Per questo esistono pagine di storie, blog,
social network, esperimenti, progettini - tanti iniziati e solo alcuni
realizzati -. La vita di ogni giorno però è un’altra cosa e quindi sono costantemente
alla ricerca, non di far cose, ma di far cose fatte bene. Logico, no?
Riordino:
Dal 1977 vivo in Veneto, ho studiato a Mirano e a Padova, attualmente lavoro non lontano da Treviso. Dicono che ho iniziato a lavorare presto - d’altra parte siamo in un paese dove un 35nne è ancora considerato un giovane! - e che ho formato una famiglia presto - 2 volte papà entro i 30 anni. Conosco l’ambiente strade e autostrade per lavoro, quello del commercio per osmosi famigliare, l’economia (internazionale) per interesse e studi, il mondo letterario per curiosità - leggo e scribacchio per passione.
Condanno la prepotenza e il criticare senza fare, diffido dai giudizi non accompagnati da una proposta, preferisco affidarmi a buon senso e responsabilità piuttosto che alle regole, sostengo il rispetto per le persone e per l’ambiente.
In una tasca tengo questa:
«Conoscere non significa ricordare, ma sapere esattamente dove andare a cercare», Umberto Eco intervistato da Repubblica nel 2003;
nell’altra questa:
«Procuratevi di lasciare questo mondo un po’ meglio di come lo avete trovato», R. Baden Powell, sempre saputo in quanto scout attivo per una decina d’anni.
In sintesi:
Vivo.
luglio 2013
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