mercoledì 2 dicembre 2009

Un piccolo contributo in vista di Copenaghen.

Il global warming è arrivato anche nella mia casella di posta elettronica!
Sulla rete si sta diffondendo un’iniziativa promossa da numerose associazioni, raggruppate nella «Coalizione in marcia per il clima». Oltre a sollecitare singolarmente un cambiamento negli stili di vita, le associazioni coalizzate cercano il contributo di tutti i cittadini per chiedere al Governo italiano di agire con determinazione al prossimo summit delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Dal 7 al 18 dicembre, a Copenaghen, i capi di stato di tutti i Paesi del mondo si riuniranno per raggiungere un accordo su come arrestare i cambiamenti climatici.
Si è capito un tantino tardi che l’attività umana, così come si svolge oggi e come si è svolta negli ultimi anni, ha danneggiato, forse in maniera irreversibile, la salute del pianeta. I dati diffusi dai climatologi, e in particolare dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il foro scientifico formato nel 1988 dalla World Meteorological Organization (WMO) e dall'United Nations Environment Programme (UNEP) al fine di studiare il riscaldamento globale, sono allarmanti.
Mi sembra ridondante ripetere in questo blog dati facilmente reperibili dalla rete e scenari apocalittici descritti da numerosi esperti, basti qui ricordare che, se entro il 2050 la temperatura aumenterà più di 2 gradi, le conseguenze saranno irreversibili e metteranno a rischio la vita di milioni di persone. Per non superare questo limite le emissioni di CO2, principali responsabili dell’effetto serra e quindi del riscaldamento del pianeta, dovranno essere tagliate dell’80 per cento rispetto ai livelli del 1990.
Non voglio riportare teorie e belle parole sul rapporto tra uomo e natura, non si può però dimenticare che l’economia, la ricchezza, la supremazia di un Paese su un altro, non sono che prodotti dell’uomo. L’uomo invece è parte della natura, da essa è stato creato, di essa è composto e in essa è immerso. Dunque, come si può non essere determinati nella sua salvaguardia? Pur facendo la parte degli egoisti, stiamo salvaguardando noi stessi!
Dobbiamo sollecitare i governi a fare il massimo per non crepare tutti? Dobbiamo sollecitare i capi di stato a farsi portavoce di un’azione alla quale non c’è alternativa? Gli esperti, i politici, gli economisti sono forse fatti di roccia marziana? Istintivamente direi che è assurdo, è come dire a una persona che non ha intenzione di farsi del male, e che è stata edotta sulle conseguenze delle sue azioni, di non tirarsi il martello sul piede. Non dovrebbe servire.
Invece tra i punti essenziali del vertice della prossima settimana leggo: «stabilire quali quantità di gas serra sono disposti a tagliare i paesi sviluppati» e «verificare quale sarà la posizione delle più importanti nazioni in via di sviluppo». Disposti? Posizione? Le risposte dovrebbero essere già scritte: «Tutto ciò che è possibile» e «Di completa collaborazione». Invece non si sono ancora stabiliti limiti e si stanno facendo trattative preventive in cui ogni Paese sembra voler tagliare il minimo possibile per non danneggiare la propria economia. Voglio proprio vedere cosa ce ne faremo di tanti soldi quando non potremo più goderne, o quando quegli stessi soldi ci serviranno per combattere mali ben più gravi!
C’è purtroppo il rischio che il buon senso venga sopraffatto da interessi economici e politici e da visioni di breve periodo. Ritengo non sia accettabile non impegnarsi al 100% per la salvaguardia del nostro pianeta, perciò parteciperò a questa iniziativa e invito tutti a farlo.












È importante che l’azione sia globale, condivisa e di grande portata. Probabilmente si decideranno gli impegni che definiranno l’assetto dei prossimi anni, quindi chiudo con l’augurio che a Copenaghen si vada con i migliori propositi affinché i risultati siano eccellenti.

venerdì 13 novembre 2009

Attorno alla moda.

Moda. Secondo wikipedia questo termine “indica uno o più comportamenti collettivi con criteri mutevoli”. Nel corso dei secoli il vocabolo ha assunto diversi significati, oggi ne parliamo spesso riferendoci al modo di abbigliarsi, si dice infatti “vestirsi alla moda” o “seguire la moda”.
Nel passato l’abbigliamento era una necessità: serviva a nascondere la propria nudità, ripararsi dalla temperatura esterna, indicare una funzione sociale.
Oggi, almeno nei paesi più fortunati, seguire la moda è diventato un mero tentativo di distinguersi utilizzando un costume.
In realtà si tratta di un meccanismo che ci uniforma agli altri, secondo linee proposte da artisti creativi e imprenditori voraci, che mette in moto un flusso di soldi, che dalle tasche di molti, vanno ad accumularsi nelle tasche di pochi.
Ciò che mi lascia perplesso è che gran parte di questa enorme macchina economica non si ispira a scelte razionali, per il raggiungimento di un’utilità, ma fa leva prevalentemente sugli aspetti emotivi, istintivi e irrazionali della nostra psiche. Perciò ci capita di acquistare l’abito di un famoso stilista perché ci abbaglia con l’illusione di aver migliorato il nostro status sociale, o per vanità, o per attrarre l’altro sesso, o semplicemente perché la pubblicità martellante ci fa acquistare un prodotto che in realtà non vogliamo.
Il mio amico/collega Alberto, un acuto osservatore del mondo che riesce sempre a vedere oltre ciò che appare, definisce questo complesso sistema che gira attorno alla moda “un gioco di prestigio”: «Fanno produrre per pochi spiccioli i loro prodotti ai più poveri del mondo e la gente li ricompra qui a prezzi esorbitanti. E tutti sono contenti»
In effetti ho controllato diverse etichette nei negozi (naturalmente acquisto poco o acquisto in saldo perché la mia vanità si scontra con una natura spilorcia) e ho constatato che anche insospettabili marchi europei e americani dietro l’etichetta riportano “made in P.R.C.” o in altre amene località!
Non si può però addossare tutta la colpa alle case di moda, in fondo è chi acquista che permette tutto ciò: «l’aberrazione più grande – continua Alberto - è che nessuno ti obbliga: ti è stato fatto un lavaggio del cervello che ti costringe a comprare una cosa che non ti serve»
e conclude con un’espressione colorita: «Ti autoinculi e sei contento di farlo!»
Un approccio razionale all’acquisto di un capo di abbigliamento presuppone una preventiva valutazione della qualità del tessuto, delle finiture e del disegno. È innegabile però che a molti è capitato di scambiare una quantità sproporzionata del proprio denaro valutando solo il nome dello stilista o del marchio.
Guardandomi attorno ho la sensazione che le case di moda lancino modelli dal disegno sempre più particolare proprio con l’obiettivo di creare delle mode passeggere e indurre il consumatore a sopportare continui acquisti ad ogni cambio di stagione. In questo periodo, solo per fare un esempio, in Italia vanno di moda pantaloni da donna stile polizia motorizzata, caratterizzati da un eccesso di stoffa nei glutei e nelle cosce. Mica sarà normale?! Dovessero mettersi un mega pannolone potrei anche capirlo, mi sbaglierò, ma così appare come la spudorata creazione di una moda che non può durare più di qualche mese. E posso assicurare che non costa pochi spiccioli. Pura vanità.
Se consideriamo l’ammontare globale di acquisti irrazionali di questo tipo che molti fanno durante un anno, le cifre risultanti potrebbero lasciarci increduli. Inoltre bisogna tener conto che il denaro, normalmente, proviene dal proprio lavoro. Ci pensiamo a quante ore di lavoro ci vogliono per mantenere il proprio guardaroba al passo con la moda? Dunque, un lavoratore medio potrebbe finire con il dedicare giorni di vita al solo scopo di ottenere qualche capo firmato, pur sapendo che potrebbe lavorare molto meno e fare in quelle ore le cose che rendono la vita degna di essere vissuta.
Ricordo un bel paragrafo del libro Io uccido in cui Giorgio Faletti descrive le persone davanti alle vetrine illuminate di Montecarlo: alcune si chiedono come trovare il tempo per acquistare, le altre come trovare i soldi… quante energie sprecate per un bisogno indotto!


In fin dei conti però la moda ci fa sognare, le scarpe di marca ci fanno sentire bene, forse ci rendono più belli, forse più desiderabili. La storia ci insegna che un tempo il grasso era bello, perché significava ricchezza, le cicatrici sul volto erano attraenti perché significava essere un valoroso guerriero. Oggi dimostrare di poter buttare i propri soldi è bello perché ci fa apparire ricchi e sfrontati…
… ha ragione Alberto, ci autoinculiamo e siamo contenti di farlo…
…con tanti ringraziamenti di chi ci guadagna!

giovedì 22 ottobre 2009

Il fazzolettone del capo scout è rovinato e scolorito.

«Come si fa ad avere un fazzolettone nuovo?» … «Perché così, tutto rovinato e scolorito come il tuo, non mi piace proprio!»
Ho guardato incredulo il mio amico Luca aspettandomi almeno una reazione infastidita.
Invece lui, senza scomporsi, ha risposto a quella mamma dall’espressione compassionevole con una diplomazia di cui probabilmente non sarei stato capace. Le ha spiegato che il fazzolettone nuovo glielo avrebbe potuto procurare lui, oppure glielo poteva fare anche lei, al suo figliolo, con un pezzo di stoffa blu e un profilo giallo. Così il suo fanciullo esploratore sarebbe stato pulito e in ordine.
Quella diplomazia era un altro dei motivi per cui il mio amico Luca in tutti questi anni è diventato un capo esperto.
La mamma naturalmente non ha nessuna colpa, è la mia sensibilità ad essere differente, perché, come si dice, chi è stato scout sotto sotto lo sarà per sempre.
Quando ho sentito le parole «il tuo fazzolettone non mi piace» mi è corso un brivido lungo la schiena, come se avesse detto: «la tua storia, le tue esperienze, il tuo percorso per diventare quel che sei non mi piacciono»!
Materialmente il fazzolettone non è che un triangolo di stoffa, del colore del gruppo di appartenenza, arrotolato su se stesso e messo al collo dal giorno della promessa scout. Lo stile scout impone di portarlo sempre durante le attività, anche quando si è senza uniforme. L’utilità è quella di avere uno strumento multiuso che all' occorrenza può essere usato, ad esempio, come copricapo, come laccio emostatico o per coprirsi la bocca in caso di incendio. Generalmente viene lavato molto molto raramente, acquisendo con il tempo un odore particolare (non necessariamente sgradevole!) e mutazioni del colore.
Al fazzolettone si vedono spesso appesi piccoli oggetti di immediata utilità o ricordi di particolari esperienze, come mollettine, fischietti, anellini, placchette, cordoncini ecc che vengono raccolti, e talvolta sostituiti, in anni di vita scout.

Il fazzolettone, quindi, con il tempo, da oggetto utile - simbolo di appartenenza al gruppo diventa oggetto personale - simbolo della propria crescita e scorcio della propria personalità. Un bordo sgualcito, un rammendo, una macchia non sono segni di trascuratezza, bensì indicatori di vita, di esperienze vissute.
Il fazzolettone si sostituisce, con una certa tristezza, solo in caso di distruzione o di un’usura tale da renderlo inidoneo all’uso.
Più di vent’anni fa Luca, come me, era orgoglioso del suo fazzolettone nuovo dai colori vividi, che gli arrivava fino alla cintura dei pantaloni. Poi ha giocato, ha cantato, ha discusso, l’ha tenuto al caldo e al freddo, gli ha fatto prendere l’umidità della notte e il calore dell’estate, ha imparato ad usarlo per legare una caviglia slogata, per non scottarsi le mani, per ripararsi la testa dal sole, forse, ma questo succede raramente, l’ha scambiato con un amico o con un’amica speciale. Di certo porta i segni di momenti importanti, di sensazioni intense e di ricordi leggendari.
Oggi, che gli cade appena sul petto e il suo recente servizio in Abruzzo ne ha reso i colori ancora più smunti, Luca è fiero del suo fazzolettone stagionato e sono certo che il pensiero di cambiarlo neanche lo sfiora!
Quindi io avrei detto: «Che fazzolettone rovinato e scolorito che hai!», con ammirazione e rispetto.

sabato 17 ottobre 2009

Giornata Mondiale dell'alimentazione, il discorso di Jacques Diouf

Ieri, 16 ottobre, la FAO ha celebrato la Giornata Mondiale dell'alimentazione.
Per comprendere la situazione è utile leggere il discorso pronunciato dal Direttore Generale della FAO, Jacques Diouf. Dopo l’illustrazione dello stato delle cose, con larga diffusione di dati, ha fatto appello ai leader mondiali affinché si raggiunga “un largo consenso per l’eliminazione totale e rapida della fame”, quando converranno a Roma per il Vertice Mondiale sulla Sicurezza Alimentare dei Capi di Stato e di Governo (16 al 18 novembre prossimo).
Nel suo discorso Diouf ha sollecitato i leader mondiali ad incrementare gli aiuti esteri allo sviluppo del 17 per cento, il livello che avevano nel 1980, rispetto all’attuale cinque per cento.

Il discorso di Jacques Diouf tradotto in italiano.

mercoledì 14 ottobre 2009

La crisi economica è devastante per la fame nel mondo

Il 6 luglio, ne I numeri della fame, in questo blog anticipavo che nel mese di ottobre sarebbe stato pubblicato il rapporto della FAO sulla carenza alimentare mondiale “The State of Food Insecurity in the World 2009” Le previsioni di una situazione alimentare intollerabile, con oltre un miliardo di persone costantemente sottonutrite, sono state confermate. Ricordo che stiamo parlando di un sesto della popolazione mondiale priva di un’alimentazione adeguata a poter vivere.



Fig.1

Il rapporto mostra che nell’ultimo decennio il numero delle persone sottonutrite è aumentato, in modo lento ma costante. Tra il 1995-97 ed il 2004-06 il calo sostanziale degli aiuti pubblici allo sviluppo (ODA) destinati all’agricoltura, ha fatto aumentare il numero dei sottonutriti in quasi tutte le regioni.
Oggi, per l’effetto combinato della crisi economica e della crisi alimentare, il numero delle persone che soffrono la fame sta aumentando in modo vertiginoso, come si può notare dalla Figura 1, dove è rappresentato il numero delle persone sottonutrite negli ultimi 40 anni.
Gli affamati nel modo sono cresciuti del 9% nell'anno in corso, arrivando a 1,02 miliardi, il livello più alto dal 1970.



Fig.2


Come si vede nella Figura 2, che rappresenta la distribuzione della sottonutrizione nel mondo divisa per regioni, la maggior parte degli affamati si trova in Asia e nell’area del Pacifico, che sono le regioni più popolose. In rapporto alla popolazione la percentuale più alta di sottonutriti, il 32% del totale, si trova però nell’Africa Sub – Sahariana. L’incremento maggiore di sottonutrizione, nel 2009, si è registrato nell’Africa orientale e settentrionale (+13.5%).
Come era prevedibile l’economia finanziaria si sta riprendendo molto più velocemente dell’economia reale, nella quale gli effetti non si sono ancora completamente manifestati. La crisi attuale, che segue le turbolenze finanziarie del 2007-2008, si sta dimostrando particolarmente devastante per le famiglie povere dei paesi in via di sviluppo.
La crisi infatti si è abbattuta simultaneamente in tutto il mondo, riducendo la possibilità di ricorrere a meccanismi tradizionali di difesa come la svalutazione, il credito, la richiesta di aiuti ufficiali allo sviluppo o le rimesse degli emigranti.
Inoltre è arrivata dopo una crisi alimentare che aveva già messo a dura prova tutte le strategie di sopravvivenza dei poveri, esponendo i più vulnerabili all’insicurezza alimentare in un momento di grande debolezza. Si legge nel rapporto che dovendo fare i conti con il rialzo dei prezzi alimentari a livello nazionale, con la diminuzione dei redditi e dell’occupazione, con la riduzione del consumo alimentare e con il taglio delle spese per beni essenziali come la salute e l’istruzione, queste famiglie rischiano di affossarsi sempre più nell’indigenza e di cadere nel circolo vizioso fame-povertà.
Questa crisi si differenzia dalle precedenti per il fatto che i paesi in via di sviluppo sono oggi molto più integrati, sia dal punto di vista finanziario che commerciale, nell’economia mondiale rispetto al passato. Questo li rende molto più vulnerabili alle fluttuazioni dei mercati internazionali. Molti paesi hanno subito cali generalizzati nei propri flussi finanziari e commerciali, ed hanno assistito ad una caduta verticale delle entrate da esportazioni, degli investimenti esteri, degli aiuti allo sviluppo e delle rimesse in denaro. Non solo si sono ridotte le opportunità di occupazione, ma anche il denaro a disposizione dei governi per programmi a sostegno della crescita e di appoggio a coloro che ne hanno maggiore bisogno.
Gli aiuti internazionali vengono infatti ridotti su più fronti. Nel momento in cui il numero delle persone che soffrono la fame ha raggiunto un picco storico, si registra il più basso livello di aiuti alimentari mai registrato. Negli ultimi due anni gli aiuti dai paesi più ricchi si sono dimezzati.
Secondo la FAO vi sarebbe un’estrema debolezza del sistema mondiale di governance della sicurezza alimentare. Ciò è dimostrato dal fatto che l’aumento del numero delle persone che soffrono la fame si registra sia durante periodi di prezzi bassi e di prosperità economica sia in periodi di prezzi alti e di recessione economica.
Il Direttore Generale della FAO Jacques Diouf ha affermato: “I leader mondiali hanno reagito con determinazione alla crisi economica e finanziaria e sono stati in grado di mobilitare miliardi di dollari in un lasso di tempo molto breve. La stessa azione decisa è adesso necessaria per combattere fame e povertà. […] Abbiamo i mezzi tecnici ed economici per far scomparire la fame dal pianeta, quello che manca è una più forte volontà politica per sradicarla per sempre. È essenziale investire nel settore agricolo dei paesi in via di sviluppo, non solo per sconfiggere fame e povertà, ma anche per assicurare una generalizzata crescita economica, e dunque pace e stabilità nel mondo. […] I piccoli contadini devono avere accesso a sementi di alta qualità, ai fertilizzanti, al foraggio e a tecnologie per poter incrementare la produzione e la produttività. I loro governi necessitano di strumenti economici e politici per garantire che i loro settori agricoli siano più produttivi e più resistenti alle crisi”.

Sono parole condivisibili, e che molti fanno proprie, ma purtroppo l’economia e la politica hanno una eccezionale capacità di astrazione, la fame nel mondo è un argomento che stimola il pensiero e ci riempie la bocca di tante belle parole.


La realtà però è che poco distante, in ogni momento, c’è un bambino che non può giocare perché non ne ha la forza, c’è un uomo che non riesce né a lavorare né a pensare perché la vita gli sta scivolando via lentamente, c’è una donna che vede, impotente, i suoi figli morire di fame.
La domanda che ognuno dovrebbe porsi è: «Ma IO, cosa posso fare?»
E se riusciamo a darci una risposta è opportuno non indugiare, perché questa situazione non si può accettare.


Fonti:

The State of Food Insecurity in the World 2009


Economic crisis is devastating for the world's hungry, FAO Media Centre 2009

domenica 20 settembre 2009

I limiti del PIL

Viviamo un momento di grande fermento economico, di accesi dibattiti sulla condizione dell’economia mondiale e di svariati tentativi di previsione del futuro. Politici, economisti e statistici si confrontano per rispondere alla domanda: «Sarà depressione o ripresa?».
In questo clima di incertezza, tra lo sfoggio verbale di studi e teorie, si fanno largo nuove forme di pensiero: impostazioni ideologiche che pongono al centro dell’analisi l’uomo come parte integrante e armonica dell’ambiente che lo circonda e non più come meccanico produttore di oggetti, mosso da un’incessante desiderio di crescita.
In questo contesto, che necessita senza dubbio di un’articolata presentazione per essere pienamente compreso, si inserisce il tentativo di autorevoli organismi politici ed economici di sviluppare un nuovo indicatore per valutare il livello di ricchezza e la crescita di un Paese. Oggi l’unità di misura di tutte le attività economiche e l’indicatore del progresso in generale nei dibattiti pubblici è il famoso Prodotto Interno Lordo (Pil).
Il Pil, sommando consumi pubblici e privati, investimenti e tenendo conto di esportazioni ed importazioni, fornisce una misura della quantità di merce e di servizi prodotti da un Paese. Inoltre, essendo basato su una formula matematica chiara e riconosciuta internazionalmente, permette di effettuare confronti nel tempo e tra Paesi e regioni. Ma questo indicatore può rappresentare il livello di benessere e progresso di un Paese? No.
Quando in Tv vengono snocciolati i dati sul Pil possiamo interpretarli come un aumento o una diminuzione del nostro benessere generale (come avviene generalmente)? No.
Anche la Commissione Europea, in una recente comunicazione al Consiglio e al Parlamento, ha riconosciuto i limiti di questo indicatore:
«il PIL non può costituire la chiave di lettura di tutte le questioni oggetto di dibattito pubblico. In particolare, il PIL non misura la sostenibilità ambientale o l'inclusione sociale ed occorre tenere conto di questi limiti quando se ne fa uso nelle analisi o nei dibattiti politici»
Nel 2007 la conferenza Beyond GDP ha messo in evidenza la necessità di indicatori a completamento del Pil che possano fornire informazioni più esaurienti a sostegno delle decisioni politiche. Non è più possibile infatti non tenere conto di aspetti quali mutamenti climatici, biodiversità, inquinamento atmosferico, uso delle risorse idriche, consumo d’energia, smaltimento dei rifiuti, ripercussioni sulla salute.
Il problema è come misurare in maniera univoca gli aspetti sociali ed ambientali del benessere.
Un primo passo è stato compiuto: a febbraio 2008 Nicolas Sarkozy ha annunciato la creazione della “commission on the measurement of economic performance and social progress”, presieduta dal premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz. La commissione ha prodotto un rapporto, presentato alla comunità internazionale 6 giorni fa, nel quale si propone l’adozione di un nuovo indicatore: il Prodotto nazionale netto (Pnn), che tiene conto degli effetti della svalutazione del capitale in tutte le sue dimensioni, naturali e umane.
La discussione è tuttora aperta e sono certo che l’armonizzazione richiederà moltissimo tempo. Per l’Italia questa diffidenza può essere spiegata con le parole di Massimo Gramellini della Stampa:
«come italiano temo che le nuove regole ci trascinerebbero nel girone dei dannati. Già il nostro Pil deve sottrarre dal computo i guadagni degli evasori e dei mafiosi (che insieme fanno praticamente un altro Pil). Se poi l’indice dovesse allargarsi alle esperienze mistiche che ogni giorno colorano la vita di chi decide di spostarsi da una città all’altra o di chiedere un documento in un ufficio, prevedo che la nostra partecipazione ai G8 e ai G20 si ridurrebbe al ramo “ricevimento e catering”. A meno che gli economisti di Sarkò inseriscano nel paniere del benessere la voce “anarchia e impunità”, che all’estero molti ci contestano e al tempo stesso ci invidiano: allora rischieremmo di tornare in testa, e per distacco».
Non possiamo ignorare però che se le scelte politiche ed economiche continueranno a perseguire obiettivi di crescita del Pil andremo dritti verso il baratro. Cerco di spiegarmi in poche righe: consideriamo ad esempio i consumi privati, essi rientrano nell’indice come componente positiva.
Ogni volta che mi sposto in auto e resto bloccato nel traffico con il motore acceso accumulo stress, spreco il mio tempo, inquino, ma il carburante che consumo fa aumentare il Pil.
Quando vado a fare la spesa generalmente tolgo gli imballaggi inutili prima di riporre le cose acquistate al loro posto. Questi imballaggi non servono a niente, producono inquinamento, ma fanno aumentare il Pil.
Quando tiro lo sciacquone immetto acqua potabile nelle fogne, spreco ma aumento il Pil.
Quando gioco con i miei figli miglioro la qualità della mia vita, ma non aumento il Pil. Se pagassi una baby sitter per badare a loro, invece, farei aumentare il Pil.
Se smetto di fumare ne giova la mia salute, ma tolgo la spesa in sigarette dal Pil.
Gli esempi sono infiniti, ma tanto basta per comprendere che la metodologia utilizzata per il calcolo del Pil, non è sufficiente per poterlo definire indice di benessere, né di progresso.
Nel grafico che segue metto a confronto le variazioni del Pil dell’Italia con quello della Cina (i dati del 2010 sono stime del Fmi).

Il Pil cinese cresce indubbiamente più velocemente, ma possiamo in base a ciò affermare che lo sviluppo cinese comporti un maggior benessere? Non stiamo dimenticando le condizioni di lavoro, la libertà, i livelli di inquinamento?

Non dimentichiamo che già 40 anni fa un lungimirante presidente americano cominciava a delineare i limiti del Pil quale strumento di misurazione della ricchezza di uno Stato.
Ripropongo qui sotto il celebre discorso che fece il presidente Robert Kennedy il 18 marzo 1968.



Fonti:

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo - Non solo PIL : misurare il progresso in un mondo in cambiamento

Beyond GDP ("Al di là del PIL")

Commission on the measurement of economic performance and social progress, Issues Paper, 25/07/2008.

Massimo Gramellini, L'indice della felicità, La Stampa, 15/09/2009.

La France prône une nouvelle mesure des richesses, Le Monde, 14/09/2009.

sabato 12 settembre 2009

Supermercati e stile di vita

Nel rispetto stilistico di questo blog dovrei attribuire un colore a questa riflessione, ma la definirei piuttosto multicolore, un po’ verde, un po’ gialla, un po’ rossa e anche un pochino arancione.
Veniamo al dunque: avete mai pensato a quanto i supermercati influiscono nel nostro stile di vita?
Lo stile di vita è influenzato in gran parte da ciò che consumiamo. Nonostante il periodo di difficoltà economica e la tendenza emergente a ricercare prodotti di nicchia e di alta qualità, il supermercato sembra aver vinto la battaglia per la conquista del consumatore medio.
Quest’ultimo si rivolge infatti al grande distributore spesso come unico fornitore di prodotti per l’alimentazione, la casa e l’igiene. Ciò avviene per economicità, per praticità o per comodità. Si pensi a chi (com’è ormai nella maggior parte delle famiglie) riesce a dedicare agli acquisti non più di due ore a settimana. Piuttosto che rivolgersi a cinque – sei negozi distinti, perdendo spesso il vantaggio di un prezzo più favorevole, preferirà entrare in un supermercato dove in un sol colpo può acquistare tutto ciò che gli serve.
I supermercati, come ormai svelato da più fonti, utilizzano svariate tecniche per attrarre l’attenzione dell’acquirente su determinati prodotti, favorendone alcuni e sfavorendone altri. Nonostante ormai queste tecniche siano conosciute dalla maggior parte di noi, spesso ci lasciamo condurre per mano nelle nostre scelte, seguendo, con tacita consapevolezza, quella che sembra la “moda” del momento, ma è che in realtà indotta dal distributore per suo vantaggio.
Altre volte il consumatore non riesce a raggiungere lo stile di consumo desiderato. L’esempio più lampante è la carne: ipotizziamo che io scelga un supermercato come punto di riferimento per i miei acquisti alimentari, perché più vicino a casa, o per una mia percezione di maggior qualità media dei prodotti rispetto ai concorrenti, o per mille altri motivi soggettivi. Ipotizziamo inoltre che il supermercato venda solo carne imballata con vaschetta di polistirolo e un doppio giro di cellophane. Ecco che, anche se per responsabilità ambientale io preferirei rinunciare all’imballaggio, nella mia borsa ci saranno la vaschetta di polistirolo e il foglio di cellophane. E similarmente sarà per molti altri prodotti.
Poniamo ora che il mio supermercato preferito esponga una vasta scelta di prodotti biologici. Ecco che sarò invogliato ad acquistare quel tipo di prodotti. Poniamo invece che il mio supermercato preferito non tenga affatto prodotti biologici, ma che io possa acquistarne in un negozio specializzato. È probabile che, visto che nel negozio specializzato ci devo andare apposta, anche se magari lo desidererei, il più delle volte a casa mia non ci saranno prodotti “bio”.
Indirizzo della scelta”, “imposizione”, “disponibilità” sono solo alcuni esempi di come il supermercato influenza i nostri consumi e il nostro stile di vita.
L’essere diventati così grandi e così importanti impone dunque ai supermercati l’onere di assumersi parte della responsabilità di quello che sarà lo stile di consumo medio dei prossimi anni.


I principi da seguire nel nuovo millennio si stanno rapidamente manifestando: sempre più persone, dopo lo scossone economico e gli allarmi ambientali, hanno compreso che è necessario modificare uno stile di vita insostenibile. Allora cerchiamo di adottare comportamenti corretti, che abbiano un minor impatto sull’ambiente, a partire dai nostri gesti quotidiani: minori consumi, scelta di prodotti di stagione a “chilometri zero”, limitazione degli imballaggi, scelta di fornitori che rispondano a principi di eco-sostenibilità.
I più avanguardisti cominciano a rivolgersi direttamente ai produttori, o a formare gruppi di acquisto, dribblando la grande distribuzione. Forse dovremmo farlo tutti, ma di certo richiede un grande sforzo che al momento pone un freno al diffondersi di queste pratiche. Se i supermercati riusciranno ad essere riconosciuti come fornitori eco-sostenibili e ad offrire al cliente la possibilità di raggiungere lo stile di consumo desiderato, con molta probabilità saranno ancora una volta vincitori: da una parte avranno riconquistato quei clienti che si stanno allontanando, dall’altra avranno influenzato positivamente i consumi e lo stile di vita di molte famiglie.
Sembra che qualcuno se ne stia accorgendo.
Come ci racconta la giornalista Marina Martorana nel blog “rispendo.Corriere.it”, ieri è stato inaugurato il primo Simply Sma green di Milano, un mass market verde, concepito in un'ottica di rispetto socio-ambientale, che coniuga risparmio energetico, riciclo di materiali e rifiuti, prodotti ecologici. Il nuovo supermercato utilizza infatti attrezzature ottenute da materiali riciclati, tecniche costruttive all’avanguardia per limitare i consumi energetici e propone ai propri clienti prodotti di largo consumo ecologici.
Se tutte le catene seguissero l’esempio tutti ne trarrebbero vantaggio: i supermercati attrarrebbero più clienti, i clienti attenti potrebbero acquistare prodotti migliori, i clienti indifferenti e quelli che hanno poco tempo sarebbero positivamente influenzati dall’offerta, l’ambiente ne gioverebbe.
Avanti così!

Nelle foto:
un supermercato “Iper, La grande I” vicino a Milano, tratta da http://www.retailforum.it/
una busta della spesa, tratta da http://www.effettoterra.org/

domenica 6 settembre 2009

Free Energy Island

Ecco quale potrebbe essere la casa del futuro: una cupola costruita sull’acqua, energicamente autosufficiente grazie allo sfruttamento del sole, dell’aria e del calore del sottosuolo, con un gradevole disegno architettonico e massima possibilità di scelta dei materiali di costruzione. La modularità, l’autosufficienza energetica di ogni abitazione e le caratteristiche costruttive permetterebbero di costruire da zero, senza necessità di precedenti lottizzazioni, come invece accade per le opere in muratura e soprattutto, come previsto dal progettista, a basso costo.
L’opportunità di costruire alloggi autonomi ed economici mi sembrano qualità ottime da implementare anche nei Paesi più poveri o con scarse infrastrutture.
La cosa che mi piace di più? La casa gira su se stessa per sfruttare al massimo il sole, sia come fonte di energia, sia per l’illuminazione interna!
Il progetto dell’architetto danese Ole Steen, di cui qui sotto riporto una presentazione 3d, verrà presentato a dicembre alla conferenza energetica in Danimarca.





Per approfondire:
www.free-energy-island.com

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Segnalo, questa sera alle 21.00 su Rai Tre, in “Presadiretta”

RESPINTI

«Da quando sono cominciati i respingimenti in mare sono stati finora 800 gli uomini e le donne che le autorità italiane hanno riconsegnato alla Libia.
Eppure di tutti questi respingimenti non abbiamo mai visto neanche un’immagine : nessun telegiornale italiano, né pubblico né privato ha potuto documentare che cosa sia successo.

Presadiretta per la prima volta è riuscita ad alzare il velo sul primo respingimento, quello fatto nei giorni 6 e 7 maggio dalla motonave Bovienzo della guardia di finanza insieme ad altre due unità della capitaneria di porto . In esclusiva la RAI manderà in onda le foto scattate da Enrico Dagnino l’unico giornalista che si trovava a bordo della Bovienzo e che ha assistito al primo respingimento dal momento in cui è stato avvistato il gommone carico di migranti fino a quando sono stati letteralmente “buttati” sui pontili del porto di Tripoli .

Non solo, Presadiretta è riuscita anche a dare un nome e cognome a 24 dei primi respinti : tredici eritrei e undici somali, tutta gente che scappa dalla guerra e dalla dittatura , gente che se fosse riuscita ad arrivare a Lampedusa avrebbe potuto ottenere lo status di rifugiato e il permesso di restare in Italia. E invece agli uomini e alle donne trovati allo stremo delle forze in mezzo al mare nessuno ha chiesto il nome e il cognome e sono stati rimessi nelle mani della polizia libica»


Citazione da www.presadiretta.rai.it

martedì 28 luglio 2009

Al mare con il condizionatore… serve davvero?

Dalle mie parti si è sempre detto che d’estate, al mare, si dorme bene. Lo pensavo anch’io, dato che l’esperienza mi insegna che il caldo umido della pianura padana rende le notti estive insopportabili, invece la leggera brezza che soffia in costa disperde l’umidità e offre un piacevole riposo.
Così pochi giorni fa, mentre mi trovavo in una località balneare del litorale veneto, uscendo per la tradizionale passeggiata serale ho lasciato la finestra della mia camera aperta, con la tapparella leggermente sollevata.
Dopo una giornata caldissima, la notte prometteva un gradevole sollievo.
La sorpresa è arrivata quando sono tornato in camera: era più calda di come l’avevo lasciata!
Un monotono fruscio attirò la mia attenzione verso l’esterno… ed ecco i colpevoli: una serie di ventole che soffiavano nervosamente il caldo scarto della loro opera refrigerante proprio in prossimità della mia finestra. Che fare?



La miglior difesa è l’attacco: ho chiuso la finestra, ho preso il telecomando e mi sono lanciato nella battaglia dei condizionatori. Mi sono addormentato in un fresco microclima artificiale, soddisfatto di aver raggiunto lo scopo, colpevole di aver contribuito a riscaldare la strada.
Ecco come il condizionatore autoalimenta il suo utilizzo e ci rende suoi schiavi.
IL PARADOSSO: per difendermi dal condizionatore altrui devo accendere il mio, qualcun altro dovrà difendersi e accenderà il suo e così via, in una fila ininterrotta di caldi refoli.
IL CONCETTO: togliere il calore dalla mia stanza per trasferirlo all’esterno… ma se il calore nella mia stanza è indotto da un altro condizionatore non stiamo rasentando l’assurdo? Senza dimenticare che in questo processo consumiamo energia ed utilizziamo i famosi clofluorocarburi, coadiutori del riscaldamento globale.
Ho fatto una rapidissima ricerca, tanto per snocciolare qualche dato, e leggo che un condizionatore d'aria con una potenza media di 1200 W emette, in media in un anno, 640 kg di CO2.
Certo il più delle volte il condizionatore è utile, ma in casi come questo non è più sensato godere del rumore del mare di notte e della naturale tregua notturna alla calura estiva piuttosto che accontentarsi di un fresco sintetico e di un meccanico fruscio?
CONCLUSIONI: la prossima volta voglio il balcone fronte mare!

domenica 19 luglio 2009

G8 - L’Aquila, una sintesi per capire le priorità.

Oggi, 19 luglio, terminano i controlli ai valichi di frontiera, reintrodotti temporaneamente nel nostro paese in occasione del Vertice G8. Con domani possiamo quindi ritenere concluso il Vertice di quest’anno che, a parte qualche manifestazione di protesta, comprensibile, dato il calibro delle personalità presenti, e il rientro in patria del presidente cinese Hu Jintao, a causa della crisi nel Xinjiang, si è svolto, come riportato dai mass media, in un clima sostanzialmente sereno.
Agli incontri de L’Aquila, svoltisi tra l’8 e il 10 luglio, oltre ai principali paesi industrializzati (Canada, Federazione Russa, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti), sono stati coinvolti anche i paesi emergenti, i paesi africani e alcune importanti organizzazioni internazionali, raggiungendo, nelle sessioni più ampie, alla rappresentanza di quasi il 90% dell’economia mondiale.
Si è discusso di economia mondiale, sviluppo, cambiamento climatico, questioni politiche e sicurezza alimentare.


Anche se le decisioni prese durante questi incontri sono semplicemente delle linee guida per i diversi paesi, che non si assumono alcun impegno vincolante, una sintesi di quanto discusso, data l’ampia rappresentanza, può fornirci la base per comprendere quali siano le priorità a livello internazionale.
Innanzitutto durante il Vertice è stata ribadita la necessità di pensare in maniera globale. I rapporti, sia economici che sociali, tra le diverse nazioni sono ormai talmente interconnessi che è inopportuna qualsiasi iniziativa che non tenga conto delle ripercussioni e delle azioni di altri paesi. Le necessità che si pongono in questo momento inoltre, dalla gestione dei cambiamenti climatici al reperimento di risorse energetiche, solo per fare gli esempi più scontati, raggiungono, per loro natura, dimensioni globali, e devono essere affrontate con il coinvolgimento dell’intera popolazione.
È probabile perciò che l’allargamento del gruppo degli 8 venga riproposto frequentemente, con l’obiettivo, se non di ottenere una governance mondiale, almeno di arrivare alla formulazione di strategie condivise.
Un passo in questa direzione è stato compiuto con l’ Heiligendam - L'Aquila Project (HAP), grazie al quale i Leader del G8, assieme a Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica si impegnano a ottenere risultati tangibili per configurare insieme il futuro attraverso la comprensione reciproca e un modello di crescita equilibrato e sostenibile.
La situazione dell’ECONOMIA mondiale richiede il sostegno e il risanamento del sistema finanziario, affrontando al contempo la dimensione sociale della crisi, mettendo le persone al primo posto e promuovendo azioni per l’occupazione e la protezione sociale. L’impegno dei Leader sarà focalizzato ad una crescita economica solida, innovativa, verde e sostenibile, resistendo inoltre al protezionismo attraverso la riduzione delle barriere al COMMERCIO.
La crisi ha messo a rischio i progressi fatti per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio, peggiorando la situazione dei paesi più poveri e vulnerabili ai quali sarà assicurato l’aiuto dei paesi più ricchi. Per l’Africa, in particolare, è stata adottata una dichiarazione congiunta G8-Africa, nella quale si esprime la determinazione a costruire un partenariato più forte per migliorare l'accesso all'acqua e ai servizi igienici di base.
Tenuto conto dei dati allarmanti sulla SICUREZZA ALIMENTARE, riportati in questo blog il 5 luglio in «I numeri della fame», i Leader si sono impegnati a mobilitare 20 miliardi di dollari in 3 anni per sostenere lo sviluppo rurale nei paesi poveri, attraverso il rilancio degli investimenti, un maggior coordinamento e una maggiore efficacia degli aiuti.
Non poteva mancare in agenda la discussione sui CAMBIAMENTI CLIMATICI, durante la quale è stata riconosciuta la necessità di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di due gradi rispetto ai livelli pre-industriali. L’obiettivo di lungo termine è la riduzione delle emissioni globali del 50% entro il 2050 (di cui l’80% a carico dei paesi sviluppati), da adottarsi anche attraverso investimenti in ricerca e nuove tecnologie.
Nell’affrontare i TEMI POLITICI, i Leader si sono soffermati sui rapporti USA – Russia, sulla situazione iraniana, israeliana, coreana, afgana, pakistana, soffermandosi in particolare sulla non proliferazione nucleare e sul sostegno alla lotta al terrorismo.
Il prossimo incontro, nel 2010, si terrà in Canada, ai Leader ora non resta che impegnarsi affinché le buone intenzioni espresse si traducano in realtà.
Fonti:
Chair’s Summary, L’Aquila, 10 luglio 2009.
Per approfondire:
http://www.g8italia2009.it/
Immagini e video:
Logo G8 2009
SitoG8/ANSA foto: Alessandro Di Meo
SitoG8/ANSA foto: Maurizio Brambatti

sabato 11 luglio 2009

Un esempio di solidarietà.

La solidarietà, secondo Wikipedia
«sta ad indicare un atteggiamento di benevolenza e comprensione, ma soprattutto di sforzo attivo e gratuito, atto a venire incontro alle esigenze e ai disagi di qualcuno che ha bisogno di un aiuto»
Oggi due persone, per le quali ero un perfetto sconosciuto, mi hanno offerto un preziosissimo aiuto:
la batteria della mia auto mi ha abbandonato, l’uno mi ha prestato i cavi, l’altro ha messo a disposizione la sua auto. E non hanno accettato neppure un caffè in cambio!
GRAZIE INFINITE
al gestore Tamoil e al tabaccaio di Via Papa Giovanni XXIII di Roncade (Tv).

venerdì 10 luglio 2009

L’educazione femminile al centro del World Population Day.


«Educare le ragazze per combattere la povertà»
è il messaggio che verrà lanciato domani, durante la giornata mondiale della popolazione promossa dall’United Nations Population Fund (UNFPA), l’agenzia delle Nazioni Unite che promuove il diritto di ogni essere umano di godere di una vita in buona salute e di eque opportunità sociali. Secondo l’agenzia le donne, come agenti economici, sono indispensabili per sconfiggere gli effetti della crisi economica che, iniziata come crisi finanziaria nei paesi ricchi, si è trasmessa ai paesi più poveri, diventando una grave minaccia per lo sviluppo.
Nella presentazione dell’agenzia si legge che le donne, più degli uomini, tendono ad investire le proprie risorse nel settore della sanità e nell’istruzione dei propri figli. Gli investimenti nei settori della spesa pubblica, dell’istruzione, della cura dei bambini e dei servizi sociali contribuiscono a mitigare l’impatto della crisi su tutta la famiglia, aumentando così la produttività e migliorando l’economia.
L’UNFPA rende disponibile online un’interessante documentazione nella quale spiega in che modo il ruolo delle donne, specialmente nei paesi in via di sviluppo, sia fondamentale per lo sviluppo economico e sociale. Per il benessere generale è necessario investire su di loro, garantendo un’adeguata istruzione e progetti che agevolino la loro emancipazione.
Anch’io, durante un periodo di permanenza in Africa, ho notato che le donne erano il reale perno della società. Assumono infatti un ruolo centrale nella gestione familiare, attraverso la cura dei figli e dell’alimentazione, e nel contempo si prodigano nelle numerose attività artigianali e di piccolo commercio che garantiscono il sostentamento della famiglia.
Sono certo quindi che il messaggio che viene trasmesso in questa giornata è corretto e se su di esso si baseranno le prossime politiche dello sviluppo, sarà possibile affrontare con efficacia questo periodo particolarmente complesso.


Per approfondire:
Video

giovedì 9 luglio 2009

G8: La Cina chiede una diversificazione della moneta di riferimento.

Il 2 luglio, in questo Blog, scrivevo delle pressioni internazionali per rendere il sistema monetario meno dipendente dal dollaro ed ecco, oggi, una nuova conferma delle pressioni cinesi per una riforma graduale del sistema valutario. La stampa, a conclusione della riunione del G14 a l’Aquila, riporta oggi le richieste cinesi «per una maggiore diversificazione della moneta di riferimento», istanza già espressa poche settimane fa da Brasile, Russia, India e dalla stessa Cina.
L’obiettivo cinese sembra essere la promozione dello yuan a valuta concorrente del dollaro negli scambi internazionali. La strategia cinese ha già preso il via pochi giorni fa, con l’avvio di un programma pilota di scambi commerciali in yuan tra Shanghai e la regione del Guandong e alcune nazioni del sud-est asiatico, Hong Kong e Macao.
Nell’ambiente finanziario, dove l’eco degli avvenimenti è estremamente veloce, si sono notate già le conseguenze immediate di queste dichiarazioni: nei mercati valutari il tasso di cambio della divisa americana ha assunto negli ultimi giorni un andamento discendente rispetto allo yuan e all’euro.


Inoltre, se la minor influenza del dollaro nei rapporti internazionali dovesse diventare realtà, molti paesi potrebbero diminuire la quantità di riserve in valuta americana e gli Stati Uniti sarebbero costretti ad aumentare le proprie riserve di valute straniere, avrebbero più difficoltà a finanziare i propri debiti. Una minor richiesta di dollari potrebbe causare una diminuzione del relativo valore nei rapporti valutari… per gli Usa diventerebbe più costoso acquistare all’estero.

Capiremo nei prossimi mesi come si evolverà questa cosa, intanto aspettiamo i risultati del vertice G8!

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Segnalo «Come un uomo sulla terra», in onda questa sera su Rai tre.

«La recente polemica sui “respingimenti” ha tralasciato un piccolo particolare: chi sono quegli uomini e quelle donne sui barconi? Quali sono le loro storie? Che cosa hanno passato per arrivare in Italia? Come hanno fatto a ad attraversare un deserto? Cosa vuol dire viaggiare a 50 gradi dentro un container pieno zeppo di persone? Come sono gli analoghi dei nostri CPT in Libia? Sono campi di concentramento finanziati anche dall’Italia? Con i nostri soldi, quindi? Attraverso i racconti dei protagonisti scopriamo l'agghiacciante realtà del passaggio nell'inferno libico, fatto di campi di concentramento nel deserto, di stupri e di esseri umani venduti e comprati (uno di loro – Dagmar Yimer - è co-regista con Andrea Segre) .

Un eccezionale documento che finalmente dà voce a chi non l'ha mai avuta.»
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Fonti:
La Cina chiede una riforma graduale del sistema valutario, Il Sole 24 Ore, 9 luglio 2009.
Andrea Franceschi, Import-export in yuan, così Pechino si sgancia dal dollaro, Il Sole 24 Ore, 6 luglio 2009.
Immagini da Google finance

martedì 7 luglio 2009

Pinocchio, vuoi raddoppiare le tue monete d’oro?

Oggi è un bel giorno per tutti i bambini e per gli ex bambini che, come me, sono cresciuti fantasticando sulle avventure di Pinocchio, il burattino più famoso al mondo.
Il 7 luglio del 1881, ben 128 anni fa, venne pubblicata ne «il Giornale per bambini» la prima puntata della celebre storia di Carlo Collodi.

Ricordo con nostalgica felicità la voce che mi narrava le peripezie di Pinocchio e le immagini che prendevano forma nella mia mente fanciulla. C’era anche il cartone animato sulla TV pubblica, di cui ancora ricordo la sigla, e la nota versione della Disney.
Inconsciamente ancora oggi mi scopro a fischiettare il motivetto del film, in bianco e nero, mi pare con Nino Manfredi nei panni di Geppetto… lo ricordate? Era sempre la stessa melodia, che però cambiava di velocità a seconda dell’intensità del momento!
È impressionante vedere cosa hanno fatto attorno alla storia di Pinocchio: film, canzoni, magliette, pupazzi, giocattoli. Mi basterebbe prendere la macchina e fare 280 km per raggiungere il paese di Collodi, vicino a Pistoia, dove tutto gira attorno al mitico Pinocchio!
E come dimenticare gli insegnamenti che ha radicato in noi: per essere bravi bisogna rispettare gli altri, essere obbedienti, non lasciarsi abbagliare dal «Paese dei balocchi»…
E ora che sono cresciuto, che mi sono riempito la testa di nozioni, formule ed esperienze riscopro Pinocchio sotto una nuova veste.
Ho approfondito il tema della crisi finanziaria e così la gente vorrebbe consigli su come comportarsi, come investire senza rischiare di perdere tutto, come difendersi dai truffatori. Beh, c’è una risposta semplice ma efficace: rileggete Pinocchio.
«Erano giunti più che a mezza strada, quando la Volpe, fermandosi di punto in bianco, disse al burattino: “Vuoi raddoppiare le tue monete d'oro?” “Cioè?” “Vuoi tu, di cinque miserabili zecchini, farne cento, mille, duemila?” “Magari! E la maniera?” “La maniera è facilissima. Invece di tornartene a casa tua, dovresti venire con noi” “E dove mi volete condurre?” “Nel paese dei Barbagianni”. Pinocchio ci pensò un poco, e poi disse risolutamente: “No, non ci voglio venire. […]!” “Dunque”, disse la Volpe, “vuoi proprio andare a casa tua? Allora vai pure, e tanto peggio per te!” “Tanto peggio per te!” ripetè il Gatto. “Pensaci bene, Pinocchio, perché tu dai un calcio alla fortuna”. “Alla fortuna!” ripetè il Gatto. “I tuoi cinque zecchini, dall'oggi al domani sarebbero diventati duemila”. “Duemila!” ripetè il Gatto. “Ma com'è mai possibile che diventino tanti?” domandò Pinocchio, restando a bocca aperta dallo stupore».
Dopo la spiegazione della Volpe il Gatto aggiunse:
« “Non lavoriamo per il vile interesse: noi lavoriamo unicamente per arricchire gli altri” ».
Non vi ricorda qualcosa? Così dicono i celebri truffatori dei nostri tempi!
Il Grillo parlante aveva avvertito Pinocchio:
« “Voglio darti un consiglio. […] Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni! Dai retta a me, ritorna indietro”».
Ma Pinocchio non volle ascoltare il Grillo parlante, e sappiamo tutti com’è finita!
Di Gatti e di Volpi ce ne sono un sacco in giro, raccontano di guadagni facili e chiedono fiducia. Purtroppo ci sono stati anche molti Pinocchi, nello sfondo di questa crisi finanziaria, piccoli risparmiatori e grossi investitori che si sono fidati, troppi che hanno rischiato.
Teniamolo bene a mente, anche nel mondo finanziario un po’ di fortuna non fa male, ma i miracoli non li fa nessuno. La ricchezza non si crea dal nulla, alla base c’è sempre il lavoro. Vogliamo dar credito a qualcuno? Chiediamogli cosa fa. Vogliamo buttarci nel mondo finanziario? Impariamo a leggere i bilanci. Qualcuno ci promette guadagni stratosferici? guardiamo se ha anche i baffi!!

Grazie Pinocchio, perché ci hai insegnato tante cose. Buon anniversario!



Per approfondimenti:
La storia di Pinocchio

Il parco di Pinocchio di Collodi, La Butterfly House e il Giardino Garzoni

lunedì 6 luglio 2009

I numeri della fame.

Nutrirsi è una delle necessità primarie dell’uomo, ci fornisce infatti l’energia senza la quale non potremmo vivere. Fortunatamente lo sviluppo economico, la ricerca, la diffusione del benessere e della conoscenza ci danno oggi la possibilità di scegliere le combinazioni migliori per alimentarci non solo in quantità sufficiente, ma anche in modo equilibrato, salutare e piacevole.
Non dobbiamo dimenticare però che esiste una grossa fetta di umanità che non ha accesso nemmeno alle risorse alimentari necessarie alla sopravvivenza. Tale considerazione è intollerabile, tenuto conto degli sprechi e degli eccessi che troppo spesso avvengono nei paesi ricchi.
Per affrontare un problema dobbiamo prima capirlo, è per questo che voglio riportarvi le mie ricerche e le mie considerazioni sulla situazione alimentare mondiale.
In questo primo post sull’argomento ci bastano i numeri per comprendere la portata dell’emergenza, ricordando che dietro ogni cifra ci stanno persone, come me e come voi.

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Sottonutrizione nel mondo:
1995 – 1997: 825 milioni di persone;
2000 – 2002: 857 milioni di persone;
2004 – 2006: 873 milioni di persone;
2008 - 2009: 915 milioni secondo le previsioni 2008, 1.02 miliardi secondo le stime di giugno.

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Le stime della Food and Agriculture Organization (FAO) per il 2009 annunciano più di un miliardo di persone costantemente sottonutrite. Utilizzando la definizione di sottonutrizione, che ho dedotto dal report dell’agenzia delle Nazioni Unite – The State of Food Insecurity in the World 2001 -, ciò significa che un sesto della popolazione mondiale non ha accesso ad un’alimentazione «sufficiente, sana e nutriente, adatta a soddisfare i bisogni nutrizionali e le preferenze alimentari per una vita attiva e salutare».
La fame nel mondo, secondo i preparativi dell’hunger report 2009, che sarà presentato in ottobre, raggiungerà quest’anno livelli record. Rispetto al 2008, infatti, il numero degli affamati è cresciuto di oltre 100 milioni, quasi interamente concentrati nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS), come si può vedere nella «Mappa della Fame» della FAO.

La causa principale di questo incremento, stando a quanto comunicato dalla FAO, sarebbe la crisi economica mondiale, che ha ridotto i redditi, aumentato la disoccupazione e il costo del cibo, rendendolo ulteriormente inaccessibile ai poveri.
In effetti gli indicatori evidenziano che le rimesse degli emigrati dall’estero si sono ridotte notevolmente. Inoltre nell’economia domestica dei PVS la crisi ha colpito i lavoratori delle aree urbane, con la riduzione delle esportazioni e il raffreddamento degli investimenti dall’estero, e le aree rurali, dove milioni di poveri, emigrati in città, ritornano più poveri di prima.

Il terzo obiettivo del primo Millenium Development Goal, «Dimezzare, tra il 1990 e il 2015, la percentuale di persone che soffrono la fame», di anno in anno si allontana.

Fonti:
1.02 billion people hungry, FAO Newsroom, 19 June 2009, Rome.
Immagine:
http://www.fao.org/

sabato 4 luglio 2009

Un congolese, un italiano e altri due stranieri al TG…

Sembra l’inizio di una barzelletta, ma in realtà si tratta di tre storie tragiche riportate oggi al telegiornale.
Ho acceso la televisione nel primo pomeriggio, giusto qualche minuto, finchè aspettavo il gorgoglio della moka. Distrattamente ho ascoltato tre servizi di cronaca in successione.
Nel primo c’era un ragazzo di colore, potrei sbagliarmi, ma mi sembra congolese, con il volto tumefatto e due grossi cerotti sulla fronte. Raccontava, in italiano, di essere stato aggredito da tre uomini, italiani, mentre infilava dei volantini pubblicitari sulla cassetta della posta del loro condominio. I tre, dopo averlo insultato, chiamandolo «sporco negro», l’hanno inseguito, l’hanno raggiunto mentre cercava di rifugiarsi nell’atrio di un condominio vicino, l’hanno riempito di botte e sono fuggiti quando hanno sentito il suono delle sirene dei carabinieri, chiamati, probabilmente, da qualcuno che ha assistito alla scena. Il ragazzo, credo all’incirca della mia età, ha aggiunto al suo racconto che, arrivato a casa, ha dovuto affrontare l’imbarazzo di spiegare a sua figlia il motivo per cui era tornato così malconcio, senza trasmetterle il timore di dover crescere con la pelle nera.
Nel secondo servizio si parlava di una ragazza vittima di violenza sessuale a Roma. L’aggressore l’ha bloccata e imbavagliata nel garage di casa sua. Sembra che non sia la prima azione del violentatore, il cui identikit corrisponde ad un uomo italiano, tra i trenta e i quarant’anni, con l’accento romano.
Nel terzo servizio le immagini di uno scarpone antinfortunistico, abbandonato tra mattoni rotti e polvere di cemento, accompagnavano la notizia di altri due morti sul lavoro. Si tratta di due lavoratori edili di origine straniera che hanno perso la vita in cantiere.
Poi la moka ha gorgogliato, e così ho abbandonato il televisore.
Ma in testa hanno cominciato a frullarsi i tre racconti.
Dunque abbiamo:
a) due uomini venuti in Italia che, mentre lavoravano, ci hanno lasciato le penne. E, si sa, non sempre nei cantieri vengono rispettate le norme di sicurezza, per indisciplina, per noncuranza o per convenienza;
b) un padre che lavorava, magari per arrotondare uno stipendio troppo misero per campare, picchiato senza un valido motivo;
c) tre uomini italiani con uno sfogo di violenza razzista e
d) un uomo italiano con uno sfogo di violenza sessuale.
Tre casi, naturalmente, non possono esaurire un argomento tanto complesso, ma siamo certi che, come qualcuno sostiene, lo straniero è comunque una minaccia? Il timore nei suoi confronti, che sento confidare con sempre maggior frequenza, è giustificato? Non è, forse, che in casa abbiano di peggio?
A voi le conclusioni.

giovedì 2 luglio 2009

I bond del Fondo Monetario Internazionale.

Ieri sera il consiglio esecutivo del FMI ha approvato un provvedimento che segna un momento storico nella vita dell’istituto. Si tratta dell’emissione di obbligazioni che verranno sottoscritte da diversi Stati membri, al fine di fornire risorse sufficienti ad assistere i paesi in difficoltà.
Ricordo che a fine 2008, in piena crisi finanziaria, il direttore generale Strauss-Kahn aveva annunciato di avere a disposizione 200 miliardi di dollari che sarebbero stati immediatamente messi a disposizione delle economie in difficoltà. Finora sono stati annunciati prestiti per oltre 150 miliardi, ma il coinvolgimento dell’economia reale e i corollari della crisi rischiano di rendere le risorse a disposizione insufficienti. Secondo gli impegni assunti nel vertice del G20, dovrebbe essere raggiunta la soglia dei 750 miliardi di dollari.
La prima emissione obbligazionaria nella storia dell’istituto è la notizia di spicco, ma ciò che mi preme sottolineare è la percezione, resa evidente dagli eventi collegati, dell’avviarsi verso un diverso assetto negli equilibri internazionali. I paesi emergenti, in particolare quelli del gruppo Bric (Brasile, Russia, India e Cina) assumono rilievo in quest’occasione, affiancando alle risorse messe in campo da Giappone, Ue e Usa, la volontà di acquistare obbligazioni per 80 mld di dollari. Il loro maggior peso all’interno dell’istituto di Washington sarà particolarmente rilevante tenuto conto che, come affermato dal nostro rappresentante presso la Bce L. Bini Smaghi, la crisi ha ridato al Fondo «il suo posto nel cuore del sistema finanziario internazionale».
Se a ciò si aggiungono le pressioni per rendere il sistema monetario internazionale meno dipendente dal dollaro e i tentativi, in particolare cinesi, per una minore esposizione in valuta americana, non è fantascienza ipotizzare un raffreddamento dell’egemonia del dollaro nei mercati monetari.

Per approfondimenti:
IMF Approves Framework for Issuing Notes to the Official Sector, Press Release No. 09/248, July 1, 2009.
Alessandro Merli, Prima asta di bond per l’FMI, Il Sole 24 Ore, 2 luglio 2009.
Bini Smaghi (Bce): «Più poteri all'Fmi per contrastare la crisi», Il Sole 24 Ore, 23 giugno 2009.

mercoledì 1 luglio 2009

Da oggi possiamo mangiare frutta e verdura «esteticamente imperfetta».

«È assurdo buttar via prodotti perfettamente commestibili semplicemente perché non hanno dimensioni e forma perfette».
L’affermazione di Mariann Fischer Boel, Commissaria europea all'agricoltura e allo sviluppo rurale, accompagna la decisione della Commissione di revocare le norme di commercializzazione di ventisei tipi di frutta e ortaggi, relative a forma e dimensioni, a partire da oggi, 1 luglio 2009.
L’iniziativa, che si inserisce in un più ampio progetto di razionalizzazione e semplificazione della normativa europea, ci permetterà di scegliere fra una più vasta gamma di prodotti e soprattutto metterà fine a un inutile spreco di cibo adatto all’alimentazione umana.
In dettaglio, albicocche, carciofi, asparagi, melanzane, avocado, fagioli, cavoli di Bruxelles, carote, cavolfiori, ciliegie, zucchine, cetrioli, funghi coltivati, aglio, nocciole in guscio, cavoli cappucci, porri, meloni, cipolle, piselli, prugne, sedani da coste, spinaci, noci in guscio, cocomeri e cicoria witloof da oggi potranno tornare ad avere quelle imperfezioni che il nostro senso estetico cerca di eliminare. Potranno essere nodosi, piccoli, un po’ storti, insomma secondo ciò che deciderà madre natura!
Saranno invece mantenute le norme specifiche di commercializzazione per mele, agrumi, kiwi, lattughe, pesche e pesche noci, pere, fragole, peperoni dolci, uve da tavola e pomodori. Prodotti, questi ultimi, che rappresentano il 75% del valore degli scambi nell'Unione europea. Gli Stati membri possono esentare questi prodotti dall'applicazione delle norme se sono venduti con un'etichettatura appropriata. Ad esempio le mele fuori norma potranno essere vendute in negozio purché provviste di un'etichetta con la dicitura "prodotto destinato alla trasformazione" o una dicitura equivalente.
È probabile quindi che arriveranno nei negozi anche ortaggi meno sottoposti all’azione di fertilizzanti e pesticidi o , almeno, il prezzo degli ortaggi «di serie B» dovrebbe essere inferiore a quello degli ortaggi perfetti… a meno che non ci sia un rialzo generalizzato, all’italiana…
Staremo a vedere, la buona notizia, per ora, è che ci sarà un po’ meno spreco.

Per approfondimenti: Dal sito della Commissione europea

domenica 28 giugno 2009

Agricoltura urbana – The Vertical Farm Project.

Nella campagna veneta, in questi giorni, il giallo brillante dei fiori di colza ha lasciato spazio al verde sereno e rassicurante delle distese di mais, frumento e soia. Mentre percorro stradine secondarie la composta geometria dei filari di vite mi offrono, per alcuni piacevoli attimi, l’illusione di un ambiente immutabile, che così era nella mia infanzia e così sarà ancora per molti anni.
Mi rendo conto però che ciò che ho sempre considerato normale potrebbe diventare una rarità: la cementificazione avanza e l’ambiente agricolo spesso nasconde oscenità chimiche. Le nuove correnti di pensiero difendono con forza crescente il ritorno all’orto di casa come unica garanzia per un’alimentazione salutare. Anche alla Casa Bianca oggi si coltivano le zucchine!
Purtroppo sempre meno persone hanno a disposizione un angolo di terra da coltivare. La qualità passa in secondo piano quando la principale difficoltà è la quantità, e nelle grandi metropoli sembra prevalere la necessità di disporre di una quantità sufficiente di cibo. Data la crescente concentrazione di popolazione urbana ci rendiamo conto che servono nuove soluzioni.
Scopro così che c’è chi vede già oltre, concentrandosi sul concetto di «agricoltura urbana», suggerendo cioè lo spostamento dell’attività agricola all’interno delle città.
Il microbiologo della Columbia University Dickson Despommier afferma che l’agricoltura urbana è il nostro futuro, proponendo il progetto di una fattoria verticale: le distese agricole che vediamo ai lati delle nostre strade potrebbero in un prossimo futuro essere concentrate in una serie di grattacieli nel centro di New York!
Nel sito internet verticalfarm.com si prevede che nel 2050 l’80% dell’umanità risiederà nei centri urbani e, entro questa data, secondo le stime più caute, la popolazione aumenterà di circa 3 miliardi di persone. Secondo gli studi più recenti non ci sono terre coltivabili a sufficienza per sfamare tutte queste persone, perciò l’unica soluzione sembra essere l’utilizzo dell’innovazione tecnologica.
Nei progetti delle Vertical Farms il Dr. Despommier assicura di essere in grado di sfamare per tutto l’anno l’intera popolazione di New York con 170 grattacieli di 30 piani. Nei grattacieli verrebbero utilizzate tecniche di coltivazione idroponica, cioè senza l'utilizzo di terra e con l'ausilio di soluzioni acquose, l’illuminazione a Led e la somministrazione controllata dell’esatta quantità di umidità e nutrienti. L’acqua sarebbe riciclata dagli scarti della città e l’energia necessaria potrebbe essere prodotta dal sole, dal vento e dalla biomassa di scarto. Insomma, una fattoria a impatto zero.
I progetti consultabili nel sito internet sono straordinari, per complessità e design, e tutto fa pensare che non si tratti di fantascienza.
L’idea è ambiziosa e affascinante. Se dovessi scegliere, preferirei mangiare un’albicocca del quindicesimo piano piuttosto che una con innesti genetici!
Riuscirà l’ingegno umano a controllare in maniera così efficace la natura?

Io intanto corro in giardino a seminare le carote!

Nella foto:
Living Tower by SOA Architects
Per approfondimenti:
http://www.verticalfarm.com/index.html
Elena Comelli, Genetica Verde 2.0, nòva24 - Il Sole 24 Ore, 25 giugno 2009.