giovedì 22 ottobre 2009

Il fazzolettone del capo scout è rovinato e scolorito.

«Come si fa ad avere un fazzolettone nuovo?» … «Perché così, tutto rovinato e scolorito come il tuo, non mi piace proprio!»
Ho guardato incredulo il mio amico Luca aspettandomi almeno una reazione infastidita.
Invece lui, senza scomporsi, ha risposto a quella mamma dall’espressione compassionevole con una diplomazia di cui probabilmente non sarei stato capace. Le ha spiegato che il fazzolettone nuovo glielo avrebbe potuto procurare lui, oppure glielo poteva fare anche lei, al suo figliolo, con un pezzo di stoffa blu e un profilo giallo. Così il suo fanciullo esploratore sarebbe stato pulito e in ordine.
Quella diplomazia era un altro dei motivi per cui il mio amico Luca in tutti questi anni è diventato un capo esperto.
La mamma naturalmente non ha nessuna colpa, è la mia sensibilità ad essere differente, perché, come si dice, chi è stato scout sotto sotto lo sarà per sempre.
Quando ho sentito le parole «il tuo fazzolettone non mi piace» mi è corso un brivido lungo la schiena, come se avesse detto: «la tua storia, le tue esperienze, il tuo percorso per diventare quel che sei non mi piacciono»!
Materialmente il fazzolettone non è che un triangolo di stoffa, del colore del gruppo di appartenenza, arrotolato su se stesso e messo al collo dal giorno della promessa scout. Lo stile scout impone di portarlo sempre durante le attività, anche quando si è senza uniforme. L’utilità è quella di avere uno strumento multiuso che all' occorrenza può essere usato, ad esempio, come copricapo, come laccio emostatico o per coprirsi la bocca in caso di incendio. Generalmente viene lavato molto molto raramente, acquisendo con il tempo un odore particolare (non necessariamente sgradevole!) e mutazioni del colore.
Al fazzolettone si vedono spesso appesi piccoli oggetti di immediata utilità o ricordi di particolari esperienze, come mollettine, fischietti, anellini, placchette, cordoncini ecc che vengono raccolti, e talvolta sostituiti, in anni di vita scout.

Il fazzolettone, quindi, con il tempo, da oggetto utile - simbolo di appartenenza al gruppo diventa oggetto personale - simbolo della propria crescita e scorcio della propria personalità. Un bordo sgualcito, un rammendo, una macchia non sono segni di trascuratezza, bensì indicatori di vita, di esperienze vissute.
Il fazzolettone si sostituisce, con una certa tristezza, solo in caso di distruzione o di un’usura tale da renderlo inidoneo all’uso.
Più di vent’anni fa Luca, come me, era orgoglioso del suo fazzolettone nuovo dai colori vividi, che gli arrivava fino alla cintura dei pantaloni. Poi ha giocato, ha cantato, ha discusso, l’ha tenuto al caldo e al freddo, gli ha fatto prendere l’umidità della notte e il calore dell’estate, ha imparato ad usarlo per legare una caviglia slogata, per non scottarsi le mani, per ripararsi la testa dal sole, forse, ma questo succede raramente, l’ha scambiato con un amico o con un’amica speciale. Di certo porta i segni di momenti importanti, di sensazioni intense e di ricordi leggendari.
Oggi, che gli cade appena sul petto e il suo recente servizio in Abruzzo ne ha reso i colori ancora più smunti, Luca è fiero del suo fazzolettone stagionato e sono certo che il pensiero di cambiarlo neanche lo sfiora!
Quindi io avrei detto: «Che fazzolettone rovinato e scolorito che hai!», con ammirazione e rispetto.

2 commenti:

  1. Ciao Daniele, bello l'articolo mi è piaciuto!

    Firmato:
    Luca,il proprietario del fazzolettone scolorito

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  2. Che bello!
    Che bello leggere di questi argomenti … bello, perché siamo scout anche senza ostentare l’uniforme, senza per forza urlare di esserci, e quando toccano il nostro fazzolettone... abbiamo ancora l’entusiasmo per difenderlo!
    Ho la fortuna di essere amico dell’autore di questo post e di chi ha portato quel fazzolettone.
    Quel fazzolettone che è anche il mio e che, da capo gruppo, ho avuto modo di consegnare più volte ai lupi durante il rito della promessa (ovvero la consegna “ufficiale” del simbolo dello scoutismo noalese ai bambini di otto-nove anni). Quello stesso fazzolettone che ha avuto la forza e la costanza di diventare internazionale, il mio ha cambiato colore, è come quello di BP (più responsabilità e un attestato da Londra sono le uniche differenze…) ma nella pratica è sempre un foulard pronto per qualsiasi evenienza, dalle scottature alle rotture …anzi, anche se blasonato, è uguale a quelli in capo al mondo o tra la polvere del Molise, dell’Abruzzo o tra il fango Ucraino o in un angolo dell’armadio pronto ad essere indossato al collo di un bambino che mette naso nei ricordi di papà o mamma.
    Quando, quel giorno, ci è stato cinto il collo dicendoci “ecco, da oggi fai parte della grande famiglia degli scout di Noale” era tutto un toccarlo, un passarlo tra le dita delle mani, addirittura un dormirci dentro! e poi i giochi e la vita delle vacanze di branco e il guardarlo dall’oblo della lavatrice quando mamma aveva deciso che era troppo sporco. Ma vi assicuro che non si è mai né scolorito né consumato dopo un lavaggio: era lì, pronto sulla sedia ad aspettare nuove avventure … il colore, la tela entravano a far parte prima della pelle, poi dei muscoli e poi in giro per il corpo fino ad arrivare ad essere la nostra vita stessa, senza che ce ne rendessimo conto, in tutte le sfumature …
    Si, perché quei bambini che ieri lo hanno indossato troppo grande, oggi tra di loro chi lo porta tra gli angeli, chi tra le macerie, chi tra i “cuccioli”, chi anche tra le mura domestiche … ma non lo vedrete necessariamente sventolato o sbandierato.
    Un soldo di cacio, tutta riccioli e occhi rotondi, un caldo pomeriggio di giugno, mentre stavamo tentando di costruire una casa su di un albero: “mio papà ha detto che si fa così e così … e mio papà è meraviglioso ed è anche stato degli scout”

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